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COMMENTO AL D.E.F.
(DOCUMENTO ECONOMICO-FINANZIARIO del Governo)
La scarsa qualità programmatoria del DEF tradisce l'inefficacia
delle politiche economiche e finanziarie realizzate in questi due anni. Il Governo ha messo in campo una serie di
politiche che avrebbero dovuto sostenere la ripresa, abbassare la pressione
fiscale, sostenere i redditi medio bassi, ma anche molte riforme
"epocali" come la riforma fiscale, la riforma del mercato del lavoro
e la riforme sulla pubblica amministrazione.
A consuntivo, però, i dati dimostrano che tutto l'impianto realizzato ha
prodotto effetti di mediocre rilievo e ci troviamo di fronte ad una volontà
politica che non ha alcuna intenzione di cambiare passo, ma, al contrario,
vuole perpetuare gli errori già fatti, limitandosi ad aggiustare qualche
decimale tendenziale. Questo DEF non ha
né la forza né l'autorevolezza per delineare una strategia di crescita,
di sviluppo e di occupazione sia pure di medio termine. Continuiamo a trovarci di fronte ad una
politica fondata sulla svalorizzazione del lavoro e dei diritti del lavoro in
perfetta coerenza con la Legge di stabilità, e con le parole chiave adottate da
questo Governo, convinto che per innescare la crescita e risollevare le sorti
economiche del Paese servano svalutazione competitiva del lavoro e contrazione dell'intervento pubblico
nell'economia.
I dati sull'occupazione, incoraggiati dalla percentuale di
trasformazione dei contratti da
tempo
determinato a tempo indeterminato, sono l'effetto di un mix di misure che vanno
dall'abbassamento del costo del lavoro, alla deducibilità di tale costo dalla
base imponibile IRAP, alla decontribuzione. E' evidente che questo mix non è
destinato a produrre effetti di lungo periodo (se non sulle minori entrate
dell'inps per gli esoneri contributivi!), e tanto meno un concreto aumento dei
posti di lavoro, per cui non ha nulla a che vedere con la modifica strutturale
di cui ha bisogno il nostro mercato del lavoro per attivare un processo
virtuoso sulla domanda interna, la coesione sociale, la distribuzione del
reddito.
Tutta l'azione di revisione della spesa si fonda, per stessa
ammissione del DEF, sul lavoro pubblico, e su un taglio progressivo delle
risorse che investe i contratti, la produttività, la formazione, e cancella
ogni possibilità di far crescere le competenze, l'innovazione, l'organizzazione
e la qualità dei servizi. La previsione per il prossimo quinquennio, nella
sostanza, risulta ancor più gravosa nei confronti dei lavoratori in quanto si
preannuncia un ulteriore inasprimento delle misure relative al turn over, un
decremento di spesa 2017/2018 per redditi da lavoro per la pubblica
amministrazione dello 0.8 nel 2017 e dello 0,2 nel 2018. Sotto questa luce, non
risulta positiva nemmeno la previsione della vacanza contrattuale nel triennio
2019/2021.
La
previsione nel conto consolidato di cassa per le amministrazioni centrali individua
una flessione di oltre un miliardo tra il 2016 e il 2019 nei pagamenti correnti
per il personale in servizio. Se ci soffermiamo sugli effetti prodotti
dalle disposizioni della legge di stabilità 2016 sull'indebitamento netto della
Pa, ci accorgiamo che a fronte di una previsione di 300 milioni di Euro
destinata ai rinnovi contrattuali di tutto il personale del settore Stato dal
2016 al 2019, il rientro, in termini di maggiori entrate fiscali e
contributive, per la stessa voce e lo stesso periodo è quantificata in 146
milioni di Euro. In altre parole, l'investimento, già molto esiguo, rientra per
circa la metà nuovamente nelle casse dello Stato. Si delinea cosi una
situazione nella quale difficilmente si potrà parlare di rinnovo contrattuale
prima del 2020, nonostante siano già 7 gli anni di blocco contrattuale
sopportato. E se si considerano i dati che riguardano il fondo per la
contrattazione di secondo livello si può notare come il fondo rappresenti una
maggiore entrata per lo Stato pari a 1.335 milioni di Euro dal 2016 al 2019, a
fronte di una minore entrata per effetti fiscali, negli stessi anni, di 285
milioni di euro.
In entrambe le situazioni il ritorno economico dell'azione
preventivata rappresenta vantaggi più che raddoppiati rispetto all'esborso da
considerare e blocco della contrattazione nazionale e integrativa, blocco delle
progressioni economiche e blocco del turn-over sono, invece, un onere a totale
carico del lavoro pubblico, che ha perso ogni possibilità di rivestire un ruolo
determinante come volano di sviluppo, di consumi, di investimenti di cui il
Paese ha bisogno.
In
base ai dati del DEF le voci più rilevanti nel processo di revisione della
spesa sono rappresentate dai tagli degli stanziamenti dei Ministeri (si prevede
un riduzione selettiva della spesa dei ministeri pari a 7, 1 miliardi e un
ulteriore riduzione delle spese correnti per gli enti di previdenza e
assistenza sociale di 53 milioni), dal contributo delle autonomie territoriali
e dalle disposizioni di razionalizzazione dell'acquisto di beni e servizi che
incidono sulle amministrazioni centrali, sulle Regioni sugli enti pubblici non
territoriali e sugli enti di previdenza.
Tra tutti questi tagli le
"misure sul pubblico impiego" ( non meglio specificate) dovrebbero
contribuire alla riduzione dell'indebitamento netto per l'ammontare di 376
milioni di euro nel triennio 2016/2018 e le altre misure raggruppate nella voce
" ALTRO" raggiungerebbero la cifra di 1.301 milioni di Euro. Cosa c'è
dietro queste voci? Si tratta di ulteriori risparmi dovuti alla futura
applicazione dei decreti delegati della riforma Madia? Non è dato saperlo, il
DEF non chiarisce l'enigma, aspetteremo i decreti. Particolare rilevanza
per la revisione della spesa viene attribuita al programma di riforma di alcuni
settori delle amministrazioni centrali. Aspettiamo i decreti delegati della
riforma Madia per avere un più compiuto giudizio sull'impianto riformatore, ma
certo, non è con l'inasprimento del blocco del turn-over ( 25 % dei risparmi
derivanti dalle cessazioni) o la riduzione del trattamento economico accessorio
che si risolvono gli sprechi e si migliora la qualità del servizio pubblico.
La riforma di importanti Corpi di polizia, come quello forestale
fa parte della stessa visione limitata: invece di procedere ad una ragionevole
riqualificazione del personale e ad una maggiore dotazione tecnologica, si
preferisce procedere ad incorporazioni poco efficaci e senza alcun vantaggio in
termini di servizio.
Anche la
riforma del Ministero della difesa con la riduzione degli assetti delle forze
armate, la piena operatività dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del
lavoro, e di quella per la coesione territoriale, la valorizzazione dei beni
confiscati alla mafia attraverso il rafforzamento dell'Agenzia preposta,
rientrano nel quadro dell'attuazione definitiva della riforma della Pubblica
Amministrazione.
Capitolo a parte merita il percorso di riforma della giustizia.
Nel DEF, la giustizia è inquadrata come importante fattore di stimolo al
miglioramento dell'economia con un'azione riformatrice del governo che tende ad
adeguarla agli standard europei. In particolare gli atti citati sulla questione
del sistema giudiziario sono quelli intervenuti negli ultimi anni come il processo
civile telematico e la legge 132 (contenente le misure per i 2000 provinciali,
la riqualificazione del personale della giustizia, non ancora avviata, e
l'ufficio per il processo) nonché la stabilità 2016. Inoltre, i provvedimenti
in via di approvazione, in particolare sulla attività degli ufficiali
giudiziari e sulla questione del Tribunale dei Minorenni, porteranno un
peggioramento nel sistema giudiziario. La parte in cui si parla di interventi
organizzativi è, a nostro avviso, carente: non si può infatti improntare la
politica del personale (che nella organizzazione giudiziaria conta ancora oltre
8500 vacanze) solo sulle mobilità (che sino ad oggi sono rimaste ben sotto le
aspettative) o sui tirocini formativi. Per un buon funzionamento della
giustizia civile e penale ad oggi gli interventi organizzativi messi in atto
sono ancora insufficienti.
Va attuato l'art. 21 quater della legge
132 sulla riqualificazione del personale, vanno
rivisti i profili professionali per un
miglior funzionamento degli uffici e previste risorse aggiuntive per la
valorizzazione professionale dei lavoratori della giustizia.
Alle politiche di austerità per gli enti locali già definite si
affiancano le scelte nazionali di riduzione di gettito per la diminuzione della
tassazione sugli immobili. I tagli alla sanità, al trasporto pubblico locale,
alla raccolta dei rifiuti e il riordino delle partecipate sarebbero costate
agli enti locali e territoriali oltre 25 miliardi di euro, per compensare i
quali è stata aumentata la pressione fiscale nei confronti dei cittadini.
Si tratta di scelte che spostano l'attenzione e la responsabilità
delle azioni economiche dal livello centrale a quello locale introducendo e non
riducendo sacche di iniquità sociale.
Superficiale anche il dato del DEF che in
tema di mobilità dei lavoratori pubblici si concentra sulla vicenda province:
la riduzione degli organici in realtà nella maggior parte dei casi è
spostamento di capitolo di spesa il
miliardo e mezzo risparmiato è un prelievo dalle casse delle province.
Nel comparto sanità Il DEF riconferma tutti i tagli già previsti
nella legge di stabilità per il 2016 a cui si aggiungono i 285 milioni in meno
per l'edilizia sanitaria decisi dalla conferenza Stato-Regioni che 11 febbraio
del 2016 ha rideterminato il fabbisogno sanitario nazionale in 3,5 miliardi per
il 2017 e in 5 miliardi a decorrere dal 2018. Restano confermati tutti i tagli
previsti rispetto al Patto della Salute del luglio 2014.
Da
quanto si evince dal DEF dovrebbe esserci una diminuzione costante negli anni 2016/2019 della spesa Sanitaria rispetto al
Pil nazionale: 6,8% nel 2016 6,7% nel
2017 6,6% nel 2018 6,5% nel 2019.
Un Paese che riserva alla sanità meno del
7 per cento del rapporto tra ricchezza e prodotto interno lordo, riduce il
Servizio Sanitario Nazionale al collasso, mettendo a rischio la sostenibilità
del sistema e il rispetto dell'art. 32 della Costituzione. Tutto ciò ha anche
ricadute sul sistema del privato accreditato o in convenzione e sulla tenuta
dei livelli occupazionali. La sanità continua ad essere considerata solo un
settore di spesa pubblica. Oggi più che mai, invece, occorre un approccio
diverso affinché, da una parte, si riconosca che la sanità è un fattore di
crescita economica, occupazionale e tecnologica e dall'altra, si completino e
si colmino i servizi della sanità pubblica.
Nel DEF manca ogni riferimento alla
previdenza, per esempio alla flessibilità in uscita e al part-time che, invece,
è concesso ai lavoratori del settore privato e bisognerà vigilare sull'impatto
del disegno di legge sul contrasto alla povertà ancora non del tutto scevro dal
ridimensionamento dalle pensioni di reversibilità in essere.
Siamo convinti che in questo DEF, come in tutte le politiche del
Governo, continui a mancare la consapevolezza che solo attraverso la ripresa di
un intervento pubblico volto innanzitutto a creare direttamente lavoro sia
possibile innescare processi di crescita duratura nel Paese. E' importante
qualificare l'offerta di lavoro, tutta l'offerta sia pubblica che privata, con
un massiccio investimento in occupazione, strutturare un nuovo sistema di
governance pubblica che non si risolvi in un falso decentramento, ma
nell'allocazione ottimale di funzioni, sostenibilità e responsabilità, per la
produzione di beni e servizi utili socialmente (beni ambientali, beni pubblici,
beni comuni, beni sociali, ecc.) che potrebbero generare in un triennio oltre
700mila nuovi occupati, tra pubblico e privato, per effetto dei nuovi settori e
dei nuovi mercati indotti, riportando così il tasso di disoccupazione vicino al livello pre-crisi e
aumentando la crescita del PIL. Le pubbliche amministrazioni, hanno un ruolo
determinante nell'economia e di questo ruolo debbono riappropriarsi e,
rinnovate e riqualificate grazie a nuova stagione di contratti collettivi
nazionali, devono servire a ricostruire il senso collettivo di un Paese che
vuole tornare ad investire su Welfare, lavoro, equità e giustizia sociale. E' questo il senso
della protesta che abbiamo messo in campo con scioperi in tutte le Regioni. Ci
mobilitiamo per far ripartire la stagione contrattuale e per far ripartire lo
sviluppo e i consumi in questo Paese.
5 commenti:
SO CHE L'ASSESSORE ALLE RISORSE UMANE STA PROCEDENDO ALLA MODIFICA DEGLI ARTT. 11 E 12 DEL CCNL 2014 PER IL COMPARTO, VOI DEL SINDACATO SAPETE COSA CAMBIERA'?
CCNL o del CCDI ?
Escludo che l'assessore proceda ad effettuare una modifica unilaterale del contratto decentrato, anche perché ciò è tecnicamente impossibile senza aver preventivamente aperto una fase contrattuale con le Organizzazioni sindacali.
E a noi non è pervenuta nessuna richiesta in tal senso.
A meno che non ti riferisci a piccole modifiche che abbiamo già approvato nell'ultima delegazione trattante ma di cui si è già data informazione con relativo comunicato.
Grazie Luciano,
ottimo risultato quello della modifica dell'organizzazione dell'orario di lavoro.
Immagino che ora si debba mettere mano a SIGREP per modificarlo; vi hanno già dato una stima dei tempi ?
quando diventeranno effettive queste modifiche dell'orario ?
No, purtroppo non abbiamo ancora una stima sui tempi di attuazione delle modifiche al sistema informatico, anche perché chi ha competenza su questi aspetti ha fatto sapere che sono realizzabili, però non partecipa al tavolo.
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